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Vita In Pillole

~ Tipico blog di un'adolescente atipica

Vita In Pillole

Archivi tag: racconti

Se la blogger vi diventa educatrice. Sopravvivenza all’asilo

16 sabato Lug 2011

Posted by LadyLindy in Pensieri di sfuggita

≈ 66 commenti

Tag

asilo, bambini, Caparezza, concerto, esperienze, estate, racconti, stage

W. A. Bourguereau, Tentazione, 1880

Premessa numero uno. Non ho mai avuto occasione di sopportare i bambini. Cioè, mi piacciono se li devo vedere in fotografia o starci qualche minuto. Ma me ne sono sempre fregata di pedagogia, psicologia infantile et similia. Particolare che avrebbe dovuto farmi riflettere sulla riuscita effettiva  della mia missione kamikaze, oltre che sulla mia nascosta (ma non troppo) natura di insensibile ed egoista mostriciattola. Purtroppo, come ormai saprete, sono specializzata nel voler provare quelle cose che so già mi creeranno grossi problemi – altri direbbero “nel complicarsi la vita”. Quindi, cosa c’è di meglio di un meraviglioso stage all’asilo, che mi impegnerà tutto il mese, immersa nelle creature dai 3 ai 6 anni?

Premessa numero due. La sera prima del giorno x, ovvero l’inizio dello stage, ho avuto un’altra brillante idea delle mie. Ma non potevo evitarlo. Voglio dire, quando mai capita che vicino al tuo paesotto d’Inculandia ci sia il megaconcerto del Michele Salvemini più famoso d’Italia, il rapper più bravo dopo Caparezza?  Io nell’attesa ero in uno stato di eccitazione a scatti.

Comunque, andare ad un concerto, e in particolare a quel concerto, non è che sia come recarsi al club degli Amici Del Libro a sorseggiare Tè Darjeeling. Quindi la mattina dopo, con ancora negli occhi l’euforia, ho iniziato l’esperienza avendo dormito circa 5 ore (che per me non sono molte, soprattutto in estate), con due occhiaie che sembravano macchie di nero di seppia, una vitalità da sogliola morta e voglia di impazzire coi cinni pari a quella di buttarsi in un letamaio leggendo un qualsiasi libro di Nicholas Sparks.

Fatto sta che, rinfrancata dai vari intoppi burocratici di rito in questo triste mondo, ho dato il via alle danze. I bambini sono esseri interessantissimi da osservare. Appena mi hanno vista, non hanno perso tempo a studiarmi: hanno cominciato a raccontarmi il loro intero universo, con piccole frasi che iniziavano tutte con “Lo sai che…”. Ho provato una sensazione assurda di potere nel vedere in loro il terrore e la mortificazione quando dicevo, con voce ferma e severa, “Altrimenti mi arrabbio sul serio”. Mi prendono molto seriamente e io ho un’autorità che nemmeno mi sognavo – la regina Elisabetta I degli under 6.

In questo stage ancora in corso – quindi certe cose ve le scriverò dopo averlo finito, o ho paura che il blog avrebbe presto firmata la sua condanna a morte – sto ricoprendo varie cariche di responsabilità, come: cameriera, idraulico, carpentiere, sarta, baby-sitter (che va ben oltre l’educatrice), animatrice. A proposito, cominciano a frullarmi in testa in modo preoccupante certe canzoncine di una stupidità aberrante: “Un elefante si dondolava/sopra il filo di una ragnatela/e ritenendo la cosa interessante/andò a chiamare un altro elefante“. La melodia va avanti all’infinito con il numero degli elefanti, ripetendo le stesse parole in loop, senza che quella maledetta ragnatela si spezzi mai e inculcando nella mente dei pargoli idee strane sulla fisica e sulla legge di gravità.

Ciò considerato, quando mi hanno chiesto se sapevo qualche canzoncina per tener calmi i bimbi, ho pensato per un attimo di proporre Cartoni Animati Giapponesi degli Elii, con i più poetici e consoni versi Sono un ragazzo e mi alleno come un pazzo/con le ragazze di tutte le stazze/pratico l’anal e l’arte del bondaggio/come si vede nel mio cortometraggio. E anche per farli addormentare, dico seriamente, trovo sia molto meglio Rocket Queen dei Guns’n’Roses al posto dei soliti, inflazionati, rumori del giardino incantato-fatato-magico-rosa-sbaciucchioso. Un imprevisto impulso di conservazione mi ha impedito di esternare a voce le mie opinioni, piegandomi a cantare con convinzione (e addirittura mimando!) la storiella degli elefanti che sfidano le leggi umane.

In compenso, certe frasi che sto sentendo dai babies mi ripagano di tutto.

“Mi sono sporcato perché io, se mangio la cocomera, poi mi cola tutta.” – Bambino saggio

LadyLindy: “Dove lavora il  tuo papà?”

Bimbo (serissimo): “Mio papà lavora a lavorare”

“Da grande farò il pompiere” – Bambino dopo aver visitato una caserma dei pompieri

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Your Sugar Sits Untouched

08 martedì Feb 2011

Posted by LadyLindy in Dato che a scuola ci vado pure io...

≈ 25 commenti

Tag

adolescenti, adolescenti nude, pullman, racconti, romanticismo, scuola, storie, tennyson, the lady of shalott, trasporto

Out flew the web and floated wide

The mirror crack’d from side to side;
“The curse is come upon me”, cried

The Lady of Shalott

(A. Tennyson)

Prima o poi dovevo parlarvene. Guardate, l’ispirazione mi è venuta proprio stamattina, mentre guardavo fuori dal finestrino. C’era una strana nebbiolina tipica delle mie zone, un albero solitario con un aspetto un po ‘malinconico, una noia mista a sonno della prima mattina. Ecco, vi parlerò brevemente di quella barchetta che, come se fossi la dama di Shalott, mi trascina lungo la corrente del fiume in uno stato pericolosamente vicino alla morte.

Sì, il pullman. Il soi-disant mezzo di trasporto all’avanguardia, che mi costa un paio di occhi della testa ogni settembre, ed ogni settembre cambia azienda. A parte il trauma della foto da mettere nell’abbonamento (sapete tutto del mio rapporto con il famigerato obbiettivo, no? Leggete qui), a parte le lunghe code in stazione… ma vogliamo soffermarci su quello che comporta prendere il bus ogni stramaledetto giorno? Bene.

Prima cosa: state attenti ad appoggiare le mani troppo forte sui sedili, o si potrebbe provocare un fungo atomico di acari. Seconda: inutile guardare dai finestrini. Dentro il pullman è perennemente notte, capirete che il sole splende solo in caso di incidenti (quindi meglio di no). In poche parole, i vetri sono puliti come il sedere di un troll cavernoso. Terza: il 90% degli autisti non sa guidare o non vi sa indicare il tragitto del mezzo che dovrebbe condurre. Qualcuno parla al cellulare, mette gli occhiali da sole anche alle cinque del mattino in inverno, urla di avere un brutto calo di zuccheri. Mi spiego: le tre azioni precedentemente elencate vengono svolte contemporaneamente.

Passiamo alla fauna pullmanesca. Io avrò pure l’occhio critico e troppa vis polemica, sarò pure una che non si accontenta mai, sarò pure antipatica stronza cattiva, ma lasciatemelo dire: la stupidità impera. La bimbominkiaggine regna sovrana. La maleducazione dilaga. Un giorno passi. Due resisiti. Tre ti cominci a rompere. Dopo tre anni hai gli zebedei che frullano in autonomia, e se come me sei femmina e non li hai, ti crescono solo per poter frullare.

Ditemi voi se dopo sei ore di scuola, con la bava alla bocca, lo stomaco gorgogliante e il cervello pieno di insulti ad alcuni che dovrebbero formare nuove generazioni e invece pensano solo a stipendio e pensione, ditemi voi, dicevo, se devo trovarmi il doppione traboccante di microcefali che spargono le loro emanazioni (zaini, borse, sciarpe, giacche, cd di Justin Bieberon) tutto attorno all’universo cosmico, occupando lo stesso numero di sedili che occuperebbe l’Esercito Popolare di Liberazione. Posti tenuti per gli amici, per i cugini, per quello/a a cui si fa il filo, per i piedi, per l’amichetto immaginario. E inevitabilmente si finisce per restare in piedi, a sentire frasi come “figo, ho sboccato quattro volte ierilaltro al locale” o “hai visto che Anbeta ha sbagliato coreografia ieri sera?”, guardando fuori dall’unico finestrino un po’ decente, a pensare agli alberi malinconici. E poi nascono post come questi.

P.S. Vi state chiedendo cosa c’entri il titolo? Non lo so manco io.

P.P.S. Sto facendo un esperimento, controllate bene fra le tags e capirete.

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A volte la quotidianità è più avventurosa

01 mercoledì Dic 2010

Posted by LadyLindy in Dato che a scuola ci vado pure io..., Pensieri di sfuggita

≈ 26 commenti

Tag

adolescenza, attualità, burocrazia, Italy, noia, pensieri, racconti, ritardo, scuola, sportelli pedagogici, vita, vita quotidiana

Piccola premessa: se fra un po’ di tempo non mi vedrete più nel blog, se per caso dovessero uscire notizie inquietanti su una certa sedicenne o roba del genere, sappiate che qualcuno che non doveva leggere questo post l’ha letto. E mi hanno sospesa da scuola o torturata spietatamente. Quando imparerò che Internet è cosa pubblica?

La scuola dovrebbe prepararci alla vita, no? Appunto. Nella mia scuola hanno preso questa missione molto seriamente: conoscendo l’italica quantità di burocrazia e scartoffie inutili, la lentezza degli uffici, l’inaffidabilità di chi dovrebbe fare dell’affidabilità  il proprio mestiere e blablabla, si sono immediatamente adeguati. Mica potevamo fare gli snob e avere un minimo di segreteria che funzionasse.

Peccato che questa magnanimità nel voler raggiungere gli standard nazionali porti qualche problemuccio. Spiegazione dovuta: nel mio istituto arancioblù stile ristorante di pesce (manca solo l’acquario con aragosta), esiste questa cosa tanto carina chiamata sportello pedagogico – d’ora in avanti SP per comodità. Uno può fermarsi dopo la scuola per una spiegazione extra, se ha bisogno di rimettere a posto le idee o perché sì. Io faccio parte di quelli che vogliono fermarsi perché sì. Vabbè, un po’ lo sapete già… lo avevo scritto che ci hanno tolto una Prof con la P maiuscolerrima. Quale migliore occasione per fermarsi e discorrere un’oretta sui massimi sistemi con lei e altri eletti? Bene.

Vuoi che per gli SP servono dindini sonanti, e sappiamo a che livelli sia messa la scuola pubblica ultimamente, vuoi che bisogna trovare una congiunzione astrale favorevole, ho dovuto aspettare mesi per essere in condizione di agire. In questi ultimi 2 – 3 giorni, grazie all’avventura che vado a narrarvi, ho imparato molto sulla burocrazia.

Tappa 1: Finalmente si trova il giorno e la compagnia. Per prenotarsi negli SP bisogna scrivere una sbudrega di dati in un foglietto che, secondo regolamento, dovrebbe essere messo a disposizione dalla segreteria da lunedì ore 8 a giovedì ore 11.30. Lunedì, otto spaccate, sono davanti alla bacheca, ma non c’è il becco di un foglio. Manco uno straccio di biro. Forse dovrei prendere qualche lametta e prenotarmi scrivendo col sangue, come nei giuramenti di mafia. Decido di rimandare le soluzioni drastiche e tornare alle 10.30, quando sempre secondo il famoso regolamento dovrebbe aprire la segreteria (sì, non apre con il resto della scuola, ma due ore e mezzo dopo. In compenso chiude a mezzogiorno).

Tappa 2: Dieci e tre quarti – concedo un quarto d’ora, visto come sono buona? – mi presento davanti alla segreteria con le migliori intenzioni. Motivata e scintillante. Davanti a me, serranda abbassata. Penso rapidamente a qualche modo per aprirla, se non con le buone, almeno con le cattive ché c’è più gusto.

Dopo aver raccolto il sale che avevo seminato nell’attesa, finalmente un’apparizione mistica: la serranda, piano piano buono buono, si solleva. Un coro di angeli biancovestiti intona Alleluja, Alleluja mentre mille colombe svolazzano attorno a me e alla persona che dovrebbe darmi un semplicissimo, fottutissimo foglietto. Dopo un surreale colloquio con la tipa della segreteria, una con la faccia da mamma d’altri tempi impegnata a cucire e far la polenta, apprendo che la tabella per gli SP arriverà il giorno dopo verso le 11.30, perchésaidevearrivaredallasuccursale. Sorrido come se mi avessero detto che ho vinto il Nobel alla nascita, sperando che la suddetta mamma d’altri tempi finisca stritolata nelle mie fossette.

Tappa 3: Il tutto arriva sì il giorno dopo, ma circa due ore in ritardo. E fra i cognomi dei prof che faranno SP, noto con sconforto che non c’è il Suo.

Grazie al Cielo io e le mie compagne di sventura riusciamo a parlare con La Prof, e scopriamo che… non si sa perché il Suo cognome non ci sia. Altri sbarellamenti in giro per l’istituto arancioblù, con La Prof che deve andare alla santa segreteria per dire di correggere. E intanto la bile si muove, si aggira indisturbata per l’organismo, organizza festini clandestini nell’apparato digerente. E il tempo passa. Siamo già a mercoledì e domani mattina il foglio lo tolgono, cento euro che quello lo fanno in tempo solo per far dispetto.

Tappa 4: Passano le ore, si ritorna a controllare. Nada de nada, il foglio è ancora come prima. Io devo correre sennò perdo il pullman (prima o poi scriverò anche riguardo a quello). Due parole d’intesa con la compagnia che condivide con me quest’odissea, e decido di far di testa mia. Biro alla mano. Cocciutaggine nell’altra. Correggo io e, come direbbe Guccini, a culo tutto il resto.

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