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Vita In Pillole

~ Tipico blog di un'adolescente atipica

Vita In Pillole

Archivi tag: capelli

Racconti brevi (un regalo di fine anno)

28 venerdì Dic 2012

Posted by LadyLindy in Pensieri di sfuggita, Schizzi schizzati (arte nel mio piccolo)

≈ 21 commenti

Tag

AHAHA ho taggato questo post letteratura, capelli, cucina, elezioni, gnocchi alla romana, letteratura, nuovo anno, racconti brevi, ricetta, tè, tessera elettorale

Perché al mondo c’è sempre bisogno di leggere le mie boiate.

Racconto breve 1: L’ungitrice di teglie

C’era una volta, nel paese degli Arancini Scoppiati [CLICK], una giovane pulzella incerta del suo futuro, che però di una cosa era assai sicura: voleva dimenticare gli errori passati e provare, per inaugurare il nuovo anno degnamente, di essere una vera Donna Di Casa. Le convenzioni sociali del paese degli Arancini Scoppiati prevedevano che le vere Donne Di Casa sapessero cucinare. Questa pulzella aveva evidenti difficoltà a riguardo.

La nostra eroina era anche stufa e arcistufa di veder cucinate sempre le solite cose, per quanto buone, giacché l’abitudine è la morte di ogni cosa buona. Decise quindi, in un impeto dettato probabilmente dalla giovane età e dalla conseguente irruenza adolescenziale, di radunare accanto a sé qualche fedele suddito per avere supporto morale, ma poi chissenefrega del supporto morale, in realtà voleva solo far fare agli altri il lavoro sporco per prendersi i meriti finali.

Dunque, essendosi cocciutamente messa in testa che il prossimo capolavoro culinario sarebbero stati degli gnocchi alla romana [CLICK per la ricetta] (per tutto il tempo chiamati “gnocchi romani”), la Nostra mise della musica dei Belle & Sebastian, impartì ordini alla ciurma e si compiacque di come ogni cosa filasse liscissima. Fino al momento fatale della domanda trabocchetto.

Uno dei sudditi si permise, con irriverenza evidentemente spropositata, di porre alla pulzella di buona volontà la seguente domanda:

“Ma senti un attimo… te sei capace di separare i tuorli dall’albume?”

Parole grosse. Parole di quelle che mettono in questione tutta una vita. Il suddito ne era ben consapevole, mentre con una mano spaccava il guscio dell’uovo, con l’altra faceva piroettare il nucleo rosso, e concludeva il gioco di prestigio separando le due parti in due distinte ciotole. Questo fu il momento in cui la protagonista si sentì colpita dritto nell’orgoglio: e che ci vorrà mai? Prese un uovo. Lo torturò un po’ sul bordo di ceramica. Tirò nel punto in cui si era formata la crepa, prontissima ad afferrare il tuorlo prezioso con l’altra metà di guscio.

SPLAT!

Qualcosa andò storto. Un cadavere arancio scuro si squagliava fra le sue dita. Bava trasparente, chiara d’uovo, filamenti inquietanti di quello che un giorno sarebbe potuto diventare pulcino, tutto assieme in un mischione ormai inutilizzabile. Una disfatta bruciante, la sfiducia delle truppe, la perdita della battaglia.

Fu così che la ciurma, previa democratica votazione, deliberò l’ammutinamento, organizzò un No Uovo Day, ostracizzò la sua legittima sovrana spedendola lontano dal paese degli Arancini Scoppiati. La pulzella infelice venne così relegata con disprezzo, durante l’esilio, ad una più consona occupazione: non essendo in grado di cucinare (e soprattutto di separare i tuorli dall’albume), fu costretta a passare il resto della giornata ad ungere le teglie da infornare. Le teglie erano grandi e il burro poco.

Ma in questo momento di difficoltà, ecco che non tutti i mali vennero per nuocere e la ragazzina capì finalmente quale mestiere avrebbe potuto fare fino alla fine dei suoi giorni: grazie al suo lavoro inizialmente disprezzato, apparentemente poco dignitoso ed inutile, gli gnocchi degli altri (quelli che sapevano separare i tuorli dall’albume) non si sarebbero bruciati.

Epilogo: fatto sta che gli gnocchi vennero buonissimi.

Fine del racconto breve 1.

Racconto breve 2: Il meraviglioso mondo dell’urna

Era una giornata come le altre, apparentemente tranquilla e banale, esattamente come l’incipit di questo racconto. Ma spesso, anche gli incipit più banali possono nascondere svolgimenti sensazionali, esattamente come il racconto stesso che andate a leggere.

Insomma, se vi siete stancati di similitudini incrociate e altri ragionamenti senza chignon né coda, tenete duro e andate avanti. In questa giornata apparentemente tranquilla, che come avrete capito dall’avverbio “apparentemente” non sarà stata tranquilla a lungo, l’odio e la misantropia regnavano placidamente come al solito. Le foglie seguivano la loro usuale traiettoria a spirale per lanciarsi a terra. I miei capelli erano spettinati. Insomma, per farla breve sennò non sarebbe un racconto breve, come un fulmine a ciel sereno ecco che avvenne l’inaspettato.

Suonarono alla porta. Andai alla porta. Aprii la porta. Rimasi sulla soglia della porta. (Se ve lo state chiedendo, la protagonista della vicenda non è la porta.) E chi spuntò? Non un assassino, non un testimone di Geova, non un venditore di aspirapolvere, ma un individuo che da subito m’insospettì, perché portava i caratteristici indumenti da lavoro delle Poste Italiane. Senonché scoprii che l’individuo vestito da postino era un postino. Egli fece una tipica azione da postino, cioè mi consegnò una lettera.

Non è vero: non era una lettera, bensì una cartolina (perché bisogna essere precisi quando si scrive, quindi sappiate anche che l’ora esatta era 16:36, c’era il sole già in fase di tramonto, spirava una leggera brezza da nord-ovest, ero vestita di blu). Codesta benedetta cartolina diceva, in poche parole: “La Signoria Vostra è invitata a presentarsi qui alla tal ora per ritirare la sua tessera elettorale”. E subito la mia espressione fu identica a quella della Madonna dei Sette Dolori con tanto di pugnali e lacrime. (Così intanto abbiamo esaurito la suspence)

Per prima cosa, fu un duro colpo vedermi chiamare “Signoria Vostra”. Poi la notizia mi aprì un variegato ventaglio di possibilità, una volta ritirato l’inquietante documento – per citarne qualcuna: non andare a votare (immediatamente scartata), scrivere il mio nome sulla tovaglia con sopra i simbolini carucci dei partiti, scrivere parolacce e disegni osceni sulla suddetta tovaglia, chiudere gli occhi e puntare la matita a caso, votare scheda bianca (già scartata anche questa per coerenza),…

Fu così che rimasi lì, in quella giornata irrimediabilmente cambiata, con quella cartolina appoggiata sulle gambe e il mio sguardo perso in ansie e timori, proprio come nel quadro Ricordo di un dolore di Pellizza da Volpedo. [VEDI]. Niente sarebbe stato più lo stesso.

Andai a farmi un tè.

Amara fine del racconto breve 2.

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Stiamo primaverando per voi

26 lunedì Mar 2012

Posted by LadyLindy in Pensieri di sfuggita

≈ 31 commenti

Tag

BBC, Benedict Cumberbatch, botticelli, capelli, Downton Abbey, gif, grazia, Maggie Smith, Martin Freeman, novità, POST DI AGGIORNAMENTO, primavera, progetto, Sherlock, trailer

Cosa potrà mai fare una diciassettenne, nel pieno dell’azzurra età, all’apice delle forze, al punto più frizzante (che brutta espressione) della lattina esistenziale? Con quale atteggiamento saluterà lo sbocciare della natura che evoca e rispecchia lo sbocciare della persona? Come affronterà la completa armonia fra l’esterno e l’interno di sé? Magari se ne andrà in giro scalza, a saltare i fossi alla lunga, capelli al vento e vestitino di lino. Oppure si metterà a vendere mele caramellate col vermetto durante le fiere di paese, o ancora intreccerà infinite ghirlande di fiorellini come Ofelia, sorridendo ebete.

E invece no.

Volete sapere cosa farà quella diciassettenne?

Si prenderà la febbre. Vivrà in costante bilico fra termometro, attacchi d’ ansia e topo di peluche nel letto. Osserverà la natura risvegliarsi dalla finestra, stando attenta a non fissare troppo Camelot, mentre le viene servita la pasticcazza di antibiotico grande come un’arancia da buttare giù in un soffio.

E’ così, cosa volete farci. Ma ora basta, sennò vi preoccupo. Orsù, gioiamo insieme, la guarigione è alfine arrivata (e con lei il ritorno alle baggianate quotidiane), e se ciò non basta a rischiarare le vostre polverose giornate – che comunque vanno già meglio da quando avete iniziato a leggere il mio blog, ammettetelo – vi comunico un altro paio di notizie in grado di farvi sentire veramente l’aria di primavera arrivare: le ballerine, l’ora legale, i colori fluo, i bocciuoli e il nuovo album di MadZilla in confronto saranno come pupazzi di neve.

Iniziamo con questa immagine, e studiamo scientificamente la vostra reazione:

Bene. Aspettate un attimo che ritrovo la tastiera. Ah, è vero, ho un portatile e quindi è attaccata. Occhèèi, adesso un altro attimino che pulisco dalla bava. No, vogliamo parlarne? DEVO DAVVERO SPIEGARE? Quello è Benedict Cumberbatch, per tutti i mastini di Baskerville! E quell’altro è Martin Freeman! E io ho vissuto tutti questi anni senza aver mai visto la miniserie Sherlock della BBC, pur essendo un’adepta della religione BBCistica! Approfittando della malattia per colmare questa vergognosa lacuna invece di mettermi in pari con i compiti, sono finita nel fangirling più assoluto. Quindi dichiaro ufficialmente riaperta la stagione delle serie TV, chiusasi in gloria qualche tempo fa dopo Downton Abbey, e per darvi un’idea vi propongo il trailer originale della serie, guadagnandomi la vostra eterna riconoscenza per avervi fatto sentire la voce di Benedict (goosebumps!).

 Seconda grande notizia: i miei capelli stanno crescendo come mai prima d’ora. Non vedo l’ora di potermi lamentare che sto male.

Terza notizia: SORPRESA! C’è un progettuccio che bolle in pentola (o cuoce in forno? Boh, non son brava con queste cose). Saprete tutto a tempo debito.

That’s all, folks!

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I’m the spirit of my hair

23 martedì Ago 2011

Posted by LadyLindy in Fashion Sense, Pensieri di sfuggita

≈ 39 commenti

Tag

capelli, glamour, gossip, hair, Jean Harlow, Lady Gaga, Léonard, moda, parrucchiere, presa in giro, Signorini, Versailles

Certa gente sa sistemarsi i capelli. Certa gente dice alla propria chioma di andare da qualche parte, e quella ci va. Incredibile. I capelli sono qualcosa di importantissimo e imprescindibile: dicono un sacco di cose. Per questo considero altamente fortunate le persone di cui sopra, quelle che dominano la loro testa, non quelle che ne sono dominate come me.

I miei capelli sono quanto di più indefinito possa esistere al mondo. A volte mi sembra quasi che non abbiano personalità, né corti né lunghi, né mossi né lisci, né ricci né piatti… altre volte invece mi pare ne abbiano anche troppa, tanto che decidono loro al posto mio: vanno dove vogliono. E senza una minima logica.

Non posso nemmeno permettermi di studiare delle contromosse, per dire, perché non è che prendano lo scapellamento a destra (cit.) se io li spazzolo a sinistra e viceversa, comportamento che implicherebbe comunque una certa coerenza e prevedibilità. No. Loro sono imprevedibili e anche un po’ stronzetti. Un giorno vanno all’insù, l’altro in giù, di qua o di là, metà da una parte e metà dall’altra, col ciuffo basso o spalmato a banana sulla testa, eccetera eccetera.

Allora m’incavolo. Mi girano le ciribiricoccole e comincio a lambiccarmi sulle varie soluzioni. Mi vengono in mente migliaia di acconciature splendiderrrrrime per tenere alla bada il tutto, con laccetti, farfalline, fiorellini che metterebbero in difficoltà pure il mitico Léonard di Versailles. Sogno di poter finalmente trovare un taglio che mi stia bene, che mi dia quell’essenza vintàg, sciccosa, setosa, splendidosa.

 

Poi mi scontro con la dura realtà, e cioè che io sul cranio ho una tana di lontre di fiume, un plaid autunnale color castagna, a volte addirittura una secchiata di lumache. Così entro nel periodo “adesso me li faccio crescere, si allungano e vengono i boccoli (seeeee, HA-HA-HA-HA, al massimo saranno linguette di sterpaglia), così poi raggiungerò l’obiettivo massimo dopo il quale c’è solo il Nirvana: farmi una treccia come il Cielo comanda.” Non so voi, ma la romantica semplicità di una treccia è qualcosa che mi fa impazzire. Ebbene, in questo periodo ci sono anche adesso (si ripresenta ciclicamente), sto raggiungendo dei risultati piuttosto soddisfacenti, pensate che l’altro giorno sono addirittura arrivata a quattro (quattro!!!) arrotolamenti di treccia alla francese. Poi l’ultimo tratto delle ciocche faceva un ricciolino all’insù che sembrava il becco di un’avocetta.

Comunque so già che poi, arrivati ad una certa lunghezza, anche questi capelli mi stancheranno e mi piomberanno sugli occhi: così io mi incavolerò ancora, correrò dal parrucchiere disattendendo ai miei buoni propositi di non metterci più piede, mi delizierò di articoli giornaleschi tipo “Scopri se sei pagata quanto vali” (se il parrucchiere è avanti e ha Glamour) o le ultime trovate di Signorina (se è uno sfighè con i giornaletti trash). Il suddetto hair-stylist, come dice chi parla bene, mi costerà venti occhi della testa e il deturpamento semi-eterno del viso. A quel punto però i capelli saranno troppo corti, io m’incavolerò di nuovo, li lascerò crescere un’altra volta ma mi pioveranno sempre sugli occhi, quindi tornerò dal parrucchiere e inorridirò, e…..

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